Essere un HR Coach

by | Jan 25, 2023 | Idee, Strumenti di coaching

Il lavoro dell’HR è un lavoro che, a mio avviso, richiede una buona dose di strabismo per essere svolto in maniera soddisfacente per l’Azienda

Ho approcciato il corso di coaching in ottica di sviluppo della mia funzione di appartenenza e del mio contributo al business. In quanto HR vengo spesso interrogata dai miei colleghi per un parere o un suggerimento sulla gestione dei talenti in termini di attraction, retention e development, come se grazie al mio ruolo avessi una conoscenza innata di ogni casistica e relativa modalità di gestione. La realtà è che non solo non conosco personalmente tutti i miei colleghi e tutte le dinamiche che li coinvolgono, ma non ho nemmeno specifiche doti per prevedere azioni, comportamenti o desideri. Ciò che mi ha avvicinato al coaching è stato il bisogno di trovare uno strumento per gestire queste richieste, l’attenzione e il seguito che meritano senza sentirmi fuori luogo. Avevo la sensazione che il contributo migliore che potessi offrire fosse quello di dare ai miei colleghi il tempo, lo spazio e le giuste domande per aiutarli ad arrivare in autonomia alle risposte.

HR interview

Il lavoro dell’HR è un lavoro che, a mio avviso, richiede una buona dose di strabismo per essere svolto in maniera soddisfacente per l’Azienda, per la popolazione aziendale e per l’HR stesso. Gli specialisti delle Risorse Umane seguono, in senso operativo e gestionale, la vita aziendale dei propri colleghi, dall’assunzione all’uscita per pensionamento, dimissioni o licenziamento, passando tra: promozioni, cambio mansioni, maternità, paternità, lettere di contestazione, malattie, ferie, cali della performance, competenze da sviluppare e cambiamenti organizzativi. L’obiettivo primo per l’HR è quello di impegnarsi per il Datore di Lavoro, di svolgere la mansione nei suoi interessi nei risvolti più piacevoli e in quelli meno piacevoli. L’obiettivo secondo, invece, è dare un contributo sostanziale alla vita professionale dei colleghi: lavora perché i colleghi abbiano un ritorno del loro investimento professionale più ampio rispetto alla mera retribuzione, perché il loro impegno per la crescita aziendale sia direttamente proporzionale alla loro stessa crescita e soddisfazione. Questo secondo obiettivo l’HR lo raggiunge lavorando su due fronti: quello del Collaboratore e quello del Manager. Sul primo fronte si lavora con l’individualità del collega, lo si ascolta e conosce, si cerca di capire il contesto in cui è inserito e come lo percepisce, si raccolgono le sue esigenze, ambizioni e insoddisfazioni. Sul secondo fronte, invece, ci si impegna sulla cultura dell’azienda, si lavora affinché il manager, forte del suo ruolo di leader e stile di leadership, possa fare da generatore o riproduttore di una cultura sana. 

Sia il lavoro con il Collaboratore che quello con il Manager si basa su 3 competenze fondamentali per l’HR: l’ascolto attivo, l’empatia e la capacità di arrivare ad una soluzione concreta. In questo senso il coaching è uno strumento congeniale alla professione dell’HR, rafforza le 3 competenze chiave e le rende ancora più efficaci. La capacità di soluzione, in particolare, si amplifica notevolmente se l’approccio intrapreso considera la soluzione già presente ma non ancora sufficientemente incoraggiata o stimolata.

Sicuramente il coaching non fa miracoli, difficilmente trasforma i cactus in orchidee e non è uno strumento valido per ogni circostanza, soprattutto pensando a quelle più segnate dalla sfiducia, dal disinteresse o da variabili psicologiche rilevanti.

Ciò che del coaching può tornare utile all’HR è un approccio che rimanda all’Altro l’impegno e la responsabilità della propria crescita, del proprio miglioramento, del cambiamento così come viene desiderato per sé o per la propria area di competenza. Lasciando all’HR l’impegno e la responsabilità di accompagnare l’Altro in questo percorso con uno spirito accogliente e stimolante.

Andando nel concreto, le occasioni in cui gli HR si trovano a lavorare con Collaboratori e Manager si possono organizzare in 3 principali macroaree: Organizational Analysis, Employee Life Cycle, Talent Management.  Nella mia esperienza, in ognuno di questi ambiti il coaching ha portato delle migliorie, cambiamenti che nelle prossime righe vorrei condividere con voi.

Partendo dalla prima macroarea, quando si lavora sull’analisi organizzativa si approfondisce o si ragiona sulla struttura dell’Azienda o di un suo determinato dipartimento.  Il coaching in questo ambito suggerisce un approccio piuttosto semplice: se riusciamo a definire il contesto attuale in cui ci stiamo muovendo, riusciamo a mettere meglio a fuoco dove vogliamo arrivare e a stabilire gli step necessari per arrivarci. Per fare questo basta avvalersi del modello dell’analisi organizzativa, strumento che premette di sviscerare temi importanti attraverso domande che stimolano la riflessione sui principali elementi che definiscono una struttura organizzativa (quali: Strategia, Sistemi, Crescita, Cultura, Innovazione, Produttività…). Le risposte a queste domande permettono una fotografia chiara della funzione, generando consapevolezza e visione e stimolando l’azione e la fiducia. Tutti elementi fondamentali per alzare l’asticella della qualità del lavoro e degli obiettivi e intraprendere un miglioramento.  Inoltre, il modello permette ad HR di mettere meglio a fuoco la leadership dei Manager e ai Manager di prendersi un momento per guardare al di là dell’operatività e degli imprevisti quotidiani e dare uno sguardo più ampio sul loro perimetro di competenza, sulle possibili svolte di crescita e miglioramento. 

Passando alla seconda area, con Employee Life Cycle si intendono le principali tappe della vita aziendale di tutti (o quasi) i dipendenti di un’azienda. Il ciclo parte dal processo di selezione, seguito dal monitoraggio del neoassunto che, generalmente dopo 6 mesi o 1 anno, diventa performance review e che talvolta può terminare in exit interview. Gli argomenti da affrontare sull’applicabilità del coaching su quest’area sono certa tendano all’infinito, mi concentrerò perciò sul monitoraggio. 

HR meeting

Il processo di monitoraggio del personale neoassunto è un insieme di incontri con i Manager delle risorse e con le risorse stesse per valutare ma anche accompagnare e facilitare l’ingresso dei nuovi colleghi. Questo processo offre quindi una doppia occasione di ricorrere agli strumenti del coaching: da un lato bisogna supportare i Manager nell’osservare, ascoltare, comprendere e orientare i nuovi collaboratori mentre dall’altro si seguono le new entry in un momento di, talvolta grande, riassestamento professionale. Nel primo caso prendo spesso spunto dal GROW (Goal, Reality, Options, Will). Per parlare dell’andamento del nuovo collega affronto il tema partendo dalle aspettative e dagli obiettivi, possibilmente SMART (Specific, Measurable, Achievable, Relevant, Time-Bound), posti in fase di selezione mettendoli in relazione con i comportamenti e le competenze effettivamente portate in azienda (G); passo poi ad un approfondimento del contesto di inserimento della persona, delle relazioni e della struttura organizzativa del suo team (R); e infine termino domandando quali siano i piani futuri per il nuovo collega in termini di sviluppo professionale e di maggiore inserimento all’interno del tessuto aziendale (O,W). In questo modo ottengo una valutazione organica che risulta più chiara e comprensiva del percorso di cambiamento del neoassunto. La valutazione viene ben contestualizzata e il responsabile si sente maggiormente ingaggiato nell’affiancamento e nella formazione del collaboratore, sentendo valorizzato il suo ruolo di gestore del gruppo e della sua crescita. Alcune delle domande che formulo per creare questo ingaggio sono legate al modello SOAR (Strengths, Opportunities, Aspire, Results), ad esempio:

  • Quali pensi siano i principali punti di forza di X? In che contesti li vedi maggiormente applicati? (S)
  • In quali altri ambiti si potrebbero applicare questi punti di forza? Quali attività o progetti secondo te potrebbero migliorare con il suo contributo?  (O)
  • Che tipo di crescita potrebbe compiere X? In che modo potrebbe supportare ulteriormente la funzione o rafforzare il suo ruolo? (A)
  • Facendogli percorrere questo tipo di crescita (verticale/orizzontale) che risultati/riscontri ti aspetti di ottenere? (R)

Per quanto riguarda l’accompagnamento del neoassunto durante il periodo di prova, invece, la conversazione è meno strutturata, la adatto molto in base al tipo di output che mi viene dato e cerco di far entrare il mio interlocutore nel FLOW. Tendenzialmente adotto una comunicazione motivante con l’intenzione di accogliere il classico “disagio da cambiamento”, normalizzarlo e renderlo il più possibile stimolante. Partendo sempre da un check sul confronto aspettative/realtà rispetto alla posizione, cerco poi di concentrare la conversazione sugli aspetti positivi dell’esperienza e sullo sviluppo di soluzioni alternative per quegli elementi che possono considerarsi migliorabili. In questo senso mi è spesso tornato utile il modello del PERMA (Positive Emotions, Engagement, Positive Relationships, Meaning, Accomplishment) che aiuta a concentrare conversazione sul concetto di benessere. Attraverso questo strumento formulo domande come le seguenti:

  • Quali sono gli aspetti positivi che stai vivendo in questo momento di cambiamento? (P)
  • Con quali persone stai maggiormente legando? Chi ti sta supportando in questo momento? (R)
  • Quali sono le attività che ti stanno piacendo o interessando di più? Quali sono gli aspetti in cui senti di essere maggiormente coinvolto? (E)

La motivazione delle nuove risorse è fondamentale perché il loro inserimento vada a buon fine, cerco perciò di costruire un momento di condivisione, cercando di adottare un generale atteggiamento positivo e costruttivo. 

Arrivando infine alla terza e ultima macroarea, il Talent Management comprende la pianificazione di percorsi di crescita professionale, la creazione di piani di successione e l’organizzazione di job rotation e azioni di team building.

Grazie al mio ruolo mi occupo frequentemente di job rotation e candidature interne, il processo di selezione interna mi ha dato la possibilità di incontrare tantissimi colleghi in cerca di un cambiamento professionale e di approfondire le loro motivazioni. Sin da subito mi è stato chiaro che molti colleghi più che cambiare effettivamente ruolo avevano bisogno di un momento dedicato per fare il bilancio della loro esperienza e per avere maggiore visibilità sulle opportunità di crescita e di cambiamento all’interno dell’azienda in senso più ampio. Il processo di selezione interna si è sviluppato di conseguenza, divenendo un’opportunità di incontro e riconoscimento tra azienda e personale, un’occasione per i nostri colleghi per ripercorrere i passi ad oggi svolti e per l’azienda di valorizzarne il contributo, dando loro supporto nell’individuare e fissare degli obiettivi professionali in linea con la loro ambizione, il loro percorso e le opportunità offerte dal contesto. Le metodologie del coaching in questo ambito hanno fatto sì che il primo incontro con HR non si sviluppasse come un colloquio di lavoro in senso stretto ma che fosse un momento di condivisione dell’esperienza vissuta, di valorizzazione delle principali sfide sostenute e di immaginazione e definizione del proprio futuro professionale. L’incontro dura circa un’ora, noi HR ci limitiamo a fare domande e ricapitolare quanto raccontato dai colleghi con un approccio positivo e accogliente. I principali strumenti utilizzati per questi incontri sono: 

  • l’Appreciative Inquiry;
  • il GROWTH per i colleghi già una buona dose di chiarezza;
  • il SOAR per chi ha bisogno di ancora un po’ di immaginazione;
  • le 4D per chi ha messo da parte l’immaginazione per troppo tempo;
  • la Timeline degli alti-e-bassi per chi deve trovare l’energia persa durante il percorso;
  • il CIA per chi non riesce ad uscire da una certa situazione;
  • la Matrice del Tempo per chi ha dei desideri ma non sa bene che priorità dare loro o quando dedicarcisi.

La candidatura al job posting viene inizialmente messa in secondo piano, resta un pretesto di incontro. La forza motivatrice di questi incontri è immediatamente palese sia sui candidati interni che sugli HR. Tale potenza si ricollega a un concetto forse semplice ma spesso trascurato che tempo addietro Hegel aveva sintetizzato affermando che “l’autocoscienza è in sé e per sé in quanto e perché essa è in sé e per sé per un’altra; ossia essa è soltanto come un qualcosa di riconosciuto”. La nostra realizzazione dipende strettamente dal riconoscimento da parte dell’Altro, senza di questo non c’è valore. Riconoscere qualcuno significa concedergli valore, dargli realtà e senso, restituendo alla persona significato, energia e motivazione.

Ci tengo a chiudere questa riflessione con un ultimo pensiero sorto dall’incontro con il coaching: penso che quella dell’HR e del Coach siano due diverse spinte in grado di dimostrare eccezionali forme di simbiosi e mutualismo. Quella dell’HR è una spinta alla forma, un ruolo, mentre quella del coach, è un’anima, il contenuto e il mezzo delle nostre intenzioni. Per quanto mi riguarda, sento oggi di riuscire ad essere un HR migliore grazie al coaching perchè mi dà una struttura che non è composta solo da regole e azioni ma anche da valore, relazioni, scopo e significato che amplificano i miei orizzonti e mi restituiscono il riconoscimento che anche io vado cercando. 

Questo percorso per me è appena iniziato ma quello che ho appreso è già molto ed è prezioso, dà un senso al mio essere umano che faticavo a trovare altrimenti. Di conseguenza, tornando al contributo che la sottoscritta può dare al business in quanto HR COACH è la maggiore fiducia e partecipazione da parte di Collaboratori e Manager verso la funzione HR, riconosciuta come reale Partner, e la fattiva conoscenza del contesto e degli attori coinvolti. Grazie a questo la mobilità interna è più facilmente applicabile, lo stesso vale per l’attuazione delle variazioni contrattuali e retributive, per la pianificazione dei percorsi di carriera e per la definizione delle azioni da intraprendere in ottica di retention, talent development, team building, performance review, pianificazione del programma di successione, organigramma e distribuzione delle attività e dei progetti professionali. L’approccio del coaching che intende costruire alleanze e incoraggiare il potenziale ha la capacità di generare fiducia e rispetto reciproci, di infondere e diffondere le buone intenzioni, facilitando la crescita, il cambiamento e l’automiglioramento di HR COACH e COACHEE.

 

Lisa Cavallini ha una formazione universitaria in Scienze Politiche e Antropologia, percorso che le ha permesso di viaggiare e incontrare mondi molto diversi dal suo. Dopo la laurea ha scoperto la realtà aziendale e si è appassionata delle tematiche People&Culture che coinvolgono il mondo HR, avvicinandosi così al coaching.  Lisa è Talent Specialist in FIS – Fabbrica Italiana Sintetici e dal 2022 è HR Coach.

È possibile contattarla tramite il suo profilo LinkedIn.

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