{"id":6659,"date":"2023-01-25T09:02:29","date_gmt":"2023-01-25T09:02:29","guid":{"rendered":"https:\/\/kingstowncollege.it\/?p=6659"},"modified":"2023-03-27T19:18:13","modified_gmt":"2023-03-27T18:18:13","slug":"essere-un-hr-coach","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/kingstowncollege.it\/essere-un-hr-coach\/","title":{"rendered":"Essere un HR Coach"},"content":{"rendered":"

Il lavoro dell\u2019HR \u00e8 un lavoro che, a mio avviso, richiede una buona dose di strabismo per essere svolto in maniera soddisfacente per l\u2019Azienda<\/span><\/p><\/blockquote>\n

Ho approcciato il corso di coaching in ottica di sviluppo della mia funzione di appartenenza e del mio contributo al business. In quanto HR vengo spesso interrogata dai miei colleghi per un parere o un suggerimento sulla gestione dei talenti in termini di <\/span>attraction<\/span><\/i>, <\/span>retention<\/span><\/i> e <\/span>development<\/span><\/i>, come se grazie al mio ruolo avessi una conoscenza innata di ogni casistica e relativa modalit\u00e0 di gestione. La realt\u00e0 \u00e8 che non solo non conosco personalmente tutti i miei colleghi e tutte le dinamiche che li coinvolgono, ma non ho nemmeno specifiche doti per prevedere azioni, comportamenti o desideri. Ci\u00f2 che mi ha avvicinato al coaching \u00e8 stato il bisogno di trovare uno strumento per gestire queste richieste, l\u2019attenzione e il seguito che meritano senza sentirmi fuori luogo. Avevo la sensazione che il contributo migliore che potessi offrire fosse quello di dare ai miei colleghi il tempo, lo spazio e le giuste domande per aiutarli ad arrivare in autonomia alle risposte.<\/span><\/p>\n

\"HR<\/p>\n

Il lavoro dell\u2019HR \u00e8 un lavoro che, a mio avviso, richiede una buona dose di strabismo per essere svolto in maniera soddisfacente per l\u2019Azienda, per la popolazione aziendale e per l\u2019HR stesso. Gli specialisti delle Risorse Umane seguono, in senso operativo e gestionale, la vita aziendale dei propri colleghi, dall\u2019assunzione all\u2019uscita per pensionamento, dimissioni o licenziamento, passando tra: promozioni, cambio mansioni, maternit\u00e0, paternit\u00e0, lettere di contestazione, malattie, ferie, cali della performance, competenze da sviluppare e cambiamenti organizzativi. L\u2019obiettivo primo per l\u2019HR \u00e8 quello di impegnarsi per il Datore di Lavoro, di svolgere la mansione nei suoi interessi nei risvolti pi\u00f9 piacevoli e in quelli meno piacevoli. L\u2019obiettivo secondo, invece, \u00e8 dare un contributo sostanziale alla vita professionale dei colleghi: lavora perch\u00e9 i colleghi abbiano un ritorno del loro investimento professionale pi\u00f9 ampio rispetto alla mera retribuzione, perch\u00e9 il loro impegno per la crescita aziendale sia direttamente proporzionale alla loro stessa crescita e soddisfazione. Questo secondo obiettivo l\u2019HR lo raggiunge lavorando su due fronti: quello del Collaboratore e quello del Manager. Sul primo fronte si lavora con l\u2019individualit\u00e0 del collega, lo si ascolta e conosce, si cerca di capire il contesto in cui \u00e8 inserito e come lo percepisce, si raccolgono le sue esigenze, ambizioni e insoddisfazioni. Sul secondo fronte, invece, ci si impegna sulla cultura dell\u2019azienda, si lavora affinch\u00e9 il manager, forte del suo ruolo di leader e stile di leadership, possa fare da generatore o riproduttore di una cultura sana.\u00a0<\/span><\/p>\n

Sia il lavoro con il Collaboratore che quello con il Manager si basa su 3 competenze fondamentali per l\u2019HR: l\u2019ascolto attivo, l\u2019empatia e la capacit\u00e0 di arrivare ad una soluzione concreta. In questo senso il coaching \u00e8 uno strumento congeniale alla professione dell\u2019HR, rafforza le 3 competenze chiave e le rende ancora pi\u00f9 efficaci. La capacit\u00e0 di soluzione, in particolare, si amplifica notevolmente se l\u2019approccio intrapreso considera la soluzione gi\u00e0 presente ma non ancora sufficientemente incoraggiata o stimolata.<\/span><\/p>\n

Sicuramente il coaching non fa miracoli, difficilmente trasforma i cactus in orchidee e non \u00e8 uno strumento valido per ogni circostanza, soprattutto pensando a quelle pi\u00f9 segnate dalla sfiducia, dal disinteresse o da variabili psicologiche rilevanti.<\/span><\/p>\n

Ci\u00f2 che del coaching pu\u00f2 tornare utile all\u2019HR \u00e8 un approccio che rimanda all\u2019Altro l\u2019impegno e la responsabilit\u00e0 della propria crescita, del proprio miglioramento, del cambiamento cos\u00ec come viene desiderato per s\u00e9 o per la propria area di competenza. Lasciando all\u2019HR l\u2019impegno e la responsabilit\u00e0 di accompagnare l\u2019Altro in questo percorso con uno spirito accogliente e stimolante.<\/span><\/p>\n

Andando nel concreto, le occasioni in cui gli HR si trovano a lavorare con Collaboratori e Manager si possono organizzare in 3 principali macroaree: Organizational Analysis, Employee Life Cycle, Talent Management.\u00a0 Nella mia esperienza, in ognuno di questi ambiti il coaching ha portato delle migliorie, cambiamenti che nelle prossime righe vorrei condividere con voi.<\/span><\/p>\n

Partendo dalla prima macroarea, quando si lavora sull\u2019analisi organizzativa si approfondisce o si ragiona sulla struttura dell\u2019Azienda o di un suo determinato dipartimento.\u00a0 Il coaching in questo ambito suggerisce un approccio piuttosto semplice: se riusciamo a definire il contesto attuale in cui ci stiamo muovendo, riusciamo a mettere meglio a fuoco dove vogliamo arrivare e a stabilire gli step necessari per arrivarci. Per fare questo basta avvalersi del modello dell\u2019analisi organizzativa, strumento che premette di sviscerare temi importanti attraverso domande che stimolano la riflessione sui principali elementi che definiscono una struttura organizzativa (quali: Strategia, Sistemi, Crescita, Cultura, Innovazione, Produttivit\u00e0\u2026). Le risposte a queste domande permettono una fotografia chiara della funzione, generando consapevolezza e visione e stimolando l\u2019azione e la fiducia. Tutti elementi fondamentali per alzare l\u2019asticella della qualit\u00e0 del lavoro e degli obiettivi e intraprendere un miglioramento.\u00a0 Inoltre, il modello permette ad HR di mettere meglio a fuoco la leadership dei Manager e ai Manager di prendersi un momento per guardare al di l\u00e0 dell\u2019operativit\u00e0 e degli imprevisti quotidiani e dare uno sguardo pi\u00f9 ampio sul loro perimetro di competenza, sulle possibili svolte di crescita e miglioramento.\u00a0<\/span><\/p>\n

Passando alla seconda area, con Employee Life Cycle si intendono le principali tappe della vita aziendale di tutti (o quasi) i dipendenti di un\u2019azienda. Il ciclo parte dal processo di selezione, seguito dal monitoraggio del neoassunto che, generalmente dopo 6 mesi o 1 anno, diventa performance review e che talvolta pu\u00f2 terminare in exit interview. Gli argomenti da affrontare sull\u2019applicabilit\u00e0 del coaching su quest\u2019area sono certa tendano all\u2019infinito, mi concentrer\u00f2 perci\u00f2 sul monitoraggio.\u00a0<\/span><\/p>\n

\"HR<\/p>\n

Il processo di monitoraggio del personale neoassunto \u00e8 un insieme di incontri con i Manager delle risorse e con le risorse stesse per valutare ma anche accompagnare e facilitare l\u2019ingresso dei nuovi colleghi. Questo processo offre quindi una doppia occasione di ricorrere agli strumenti del coaching: da un lato bisogna supportare i Manager nell\u2019osservare, ascoltare, comprendere e orientare i nuovi collaboratori mentre dall\u2019altro si seguono le new entry in un momento di, talvolta grande, riassestamento professionale. Nel primo caso prendo spesso spunto dal GROW (<\/span>Goal, Reality, Options, Will<\/span><\/i>). Per parlare dell\u2019andamento del nuovo collega affronto il tema partendo dalle aspettative e dagli obiettivi, possibilmente SMART (<\/span>Specific, Measurable, Achievable, Relevant, Time-Bound<\/span><\/i>), posti in fase di selezione mettendoli in relazione con i comportamenti e le competenze effettivamente portate in azienda (G); passo poi ad un approfondimento del contesto di inserimento della persona, delle relazioni e della struttura organizzativa del suo team (R); e infine termino domandando quali siano i piani futuri per il nuovo collega in termini di sviluppo professionale e di maggiore inserimento all\u2019interno del tessuto aziendale (O,W). In questo modo ottengo una valutazione organica che risulta pi\u00f9 chiara e comprensiva del percorso di cambiamento del neoassunto. La valutazione viene ben contestualizzata e il responsabile si sente maggiormente ingaggiato nell\u2019affiancamento e nella formazione del collaboratore, sentendo valorizzato il suo ruolo di <\/span>gestore<\/span><\/i> del gruppo e della sua crescita. Alcune delle domande che formulo per creare questo ingaggio sono legate al modello SOAR (<\/span>Strengths, Opportunities, Aspire, Results<\/span><\/i>), ad esempio:<\/span><\/p>\n